L'Italia quaggi by Goffredo Buccini;

L'Italia quaggi by Goffredo Buccini;

autore:Goffredo Buccini; [Buccini, G.]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: eBook Laterza
ISBN: 9788858107010
editore: edigita
pubblicato: 2013-01-15T00:00:00+00:00


Otto

«Ci dà un passaggio per Siderno, dottoressa?».

Fuori dal palazzo di Giustizia, Katy Capitò guardò quelle tre ragazzine di liceo, venute ad assistere al processo ‘Primavera’, contro ’ndranghetisti di rango della cosca Cordì-Condello.

Forse le aveva già viste, forse no, a quell’età si somigliano tutte: e lei di ragazzine ne incontrava tante in quei mesi tra il 1999 e il 2000, perché stava lavorando parecchio sulle scuole, parlava agli studenti per sensibilizzarne le coscienze. Una vecchia fissazione: provare a battere i mafiosi tagliando l’erba sotto i loro piedi, ecco cosa bisognava fare, spiegando ai loro figli e ai loro nipoti che stare dalla parte dello Stato è molto meglio, è persino meno faticoso.

Comunque non costituivano certo un pericolo, quelle tre, anche per una donna magistrato costretta, come lei, a girare sotto scorta per via di quel processone pesante come un macigno e delicato come un vaso di cristallo.

In macchina, le ragazzine la presero larga. Poi una si fece coraggio: «Che cosa bisogna fare per essere come voi, dottoressa?».

«Come me, come?».

«Giudice».

«Il concorso in magistratura».

«E ci sono limiti? Preclusioni?».

«Non capisco. Quali limiti? Che preclusioni?».

«Eh, io purtroppo ho dei parenti... pregiudicati. Uomini d’onore sono, i miei parenti. Ma io vorrei essere come voi, non come loro».

«Ragazze, io non faccio niente di speciale, solo il mio dovere. Quello è il segreto: fare il proprio dovere».

Il ghiaccio era rotto, le ragazze cominciarono a chiacchierare liberamente mentre i campi riarsi della Locride sfilavano muti come sempre fuori dal finestrino della macchina.

Si fece allora avanti la più piccolina: «E... se uno muore per droga ma questa droga gliel’hanno data?». Suo zio era stato ammazzato con un’overdose tagliata. Lei discendeva da un clan che comandava a Gioiosa Marina, nobiltà mafiosa.

Le altre tenevano gli occhi bassi, mentre lei raccontava. «Veniamo a trovarvi, dottoressa», promisero tutte e tre scendendo infine dalla macchina.

Non le rivide mai più.

Eppure, molti anni dopo, Katy Capitò ricorda ancora quelle ragazzine: come un segno, forse come un’opportunità non colta.

È una donna robusta, forte, che comunica solidità per ciò che dice e per come lo dice. Stiamo parlando sotto il patio del suo giardino a Riace, mentre i suoi figli le giocano attorno. Maria Carmela Lanzetta è con noi. Katy fa in qualche modo parte del grande network femminile che la sindaca di Monasterace sta provando a costruire: se le donne non salveranno il mondo come ci piace sognare, potrebbero fare almeno qualcosa di molto utile per questi paesini di poche migliaia di anime vendute al diavolo ’ndranghetista. Ora Katy è gip a Locri, un tribunale da cui tutti scappano e dove nessuno vuole andare a lavorare: «Non è più dura perché sei donna, una fa il magistrato e basta. Donna o uomo non conta».

Conta, e molto, il genere, per sfuggire alle leggi dei clan. Se sei donna, è molto più complicato. «Quando penso a quelle ragazze mi domando: in capo a dieci anni, crescendo in un ambiente criminale, quale spinta avranno avuto? Mi rattrista e mi rattristava che le loro possibilità di crescere fossero davvero minime. Noi abbiamo avuto persone vere accanto, che ci hanno amato e sostenuto».



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